In Italia non esiste una cultura del progetto

In taluni contesti provinciali, chiusi, campanilistici ma opulenti è inveterata costumanza considerare gli architetti inutili perché ritenuti equivalenti ad altri professionisti del settore oppure vederli come eccentrici membri di un club esclusivo, mentre altre volte appaiono utopisti convinti di vivere in un mondo perfettibile, ma la definizione che più mi ha fatto riflettere è: “ … gli architetti si vestono bene, vendono fumo senza faticare e guadagnano un sacco di soldi!” Direi che, drammaticamente per molti, quest’ultima sintetizza l’IMMAGINE/RUOLO socioculturale che oggi identifica la categoria. Ritengo che la diffusione di una cultura del progetto sia necessaria, da promuovere e sostenere per rimediare alla condizione di svilimento assoluto in cui si trova la professione (IN ITALIA), così da restituire all’architetto la dignità e il riconoscimento che gli spetta nella cosiddetta “Società Civile”. Talvolta può capitare di incontrare professionisti incompetenti, vani e superficiali che danno fondatezza allo “scetticismo popolare”, probabilmente essi mancano della consapevolezza, della sensibilità e della cultura necessarie per comprendere le responsabilità che hanno nel condizionare i contesti, l’ambiente e l’opinione pubblica. Molta confusione e ignoranza celano la vera natura dell’architetto, questo credo sia dovuto al fatto che esiste una sovrapposizione di ruoli tra figure professionali con competenze molto diverse tra loro, ma che la normativa italiana, UNICA AL MONDO, accorpa per la realizzazione del prodotto finito: la costruzione di un edificio. Esiste una differenza oggettiva tra “La casa sulla cascata” di F.L. Wright e la “banalità edilizia” che ha invaso le periferie italiane inducendo gli individui a un imbarbarimento interiore e morale. Le responsabilità non sono ascrivibili soltanto ai progettisti, ma anche alle committenze poco attente e preparate che si accontentano o si lasciano abbagliare dalle cosiddette “finiture di pregio” ignorando completamente la composizione architettonica dell’edificio e la sua collocazione nello spazio e nel tempo. La mia proposta mette al centro la Pubblica Amministrazione nel doppio ruolo di educatore/divulgatore e destinatario di messaggi informativi e formativi. “Kalos kai agathos, bello e buono. L’ideale greco dell’uomo si esprimeva nella sintesi di bellezza e di bontà: la bellezza si coniuga con la bontà e la bontà con la bellezza. Se ce ne fosse pure bisogno, basterebbe questa interazione per rendere forte l’esigenza della formazione alla bellezza, della formazione artistica sin dai primi anni di vita del bambino, nella famiglia, nella scuola. Educare al bello nelle sue mille sfaccettature. Il bello come obiettivo essenziale da tenere sempre presente in ogni attività formativa delle scuole, delle pubbliche amministrazioni. C’è il bello dei colori e delle forme, a cominciare dalle simmetrie della natura, del corpo umano, c’è il bello della parola, della poesia, del canto, della musica. Quanto spazio dovrebbe e potrebbe essere dedicato all’arte nelle scuole per rendere sensibili gli animi al bello e quindi al bene?. Suvvia, non c’è solo una disciplina specifica, arte, ma tutte le discipline possono dare un contributo all’educazione artistica, anche la geografia, la fisica, la letteratura, la matematica. Importante è ricordare che i giovani debbono crescere in virtute e canoscenza.  I Greci chiamavano la virtù “aretè”, cioè verità, bellezza, bontà.. Questo già gli Ateniesi avevano capito ed avevano creato il modello di democrazia a cui noi ancora aspiriamo e le scuole insieme alle pubbliche amministrazioni possono aiutare a realizzare solo se queste ultime si mettessero al sevizio dei cittadini.” (Da Educazione & Scuola – Umberto Tenuta). La divulgazione dovrebbe avvenire con la promozione e l’organizzazione di incontri e dibattiti per e con i cittadini, in cui professionisti dalle indubbie capacità (NO amici degli amici…) siano chiamati a illustrare la teoria e la pratica del “buon progetto”. Il proposito è quello di educare le persone, radicare l’idea che un’alternativa alla “Speculazione edilizia” di calviniana memoria esiste. Le pubbliche amministrazioni acquisirebbero il ruolo di informatori tecnico-culturali grazie alla mediazione di ARCHITETTI/PROFESSIONISTI competenti che propongano “lezioni pubbliche”, dando avvio a un percorso di conoscenza e sensibilizzazione rivolto in primo luogo ai propri tecnici, affinché possano  acquisire  capacità  critiche, selettive e in futuro impediscano anomalie e orrori come la collocazione di enormi lecca-lecca “tricolori” al centro di una rotatoria stradale all’ingresso dell’area urbana cittadina.

installazione-scultura Rotonda-Pieve-presentazione-scultura-tricolore-12_1_13-3-600x487                                                                                                   INAUGURAZIONE STATUA TRICOLORE GERRA ROTONDA PIEVE

Si tratta di iniziative semplici e attuabili, ma che sono contrastate dalla diffidenza, l’ignoranza, l’arroganza, l’edonismo, l’egoismo e la miserevole condizione umana di burocrati troppo occupati a consultare il loro “smartphone” quasi fosse l’Oracolo di Delfi. Sapiente è colui che sa di non sapere. (Socrate)

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